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18.2.12

Death Row (id., 2012)
di Werner Herzog

BERLINALE SPECIAL
BERLINALE 2012

Quello di Death Row è un progetto parallelo a Into the abyss, l'ultimo lungometraggio di finzione di Herzog. All'origine c'era l'idea di fare interviste ai condannati a morte da mandare a puntate in televisione, come sempre però il regista tedesco si è fatto prendere la mano ed è rimasto talmente affascinato da una di queste storie con cui è entrato in contatto, da approfondirla e farla diventare lungometraggio. Le restanti 4 invece sono ognuna il centro dei 4 episodi per la tv intitolati Death Row, mostrati come un unico film di 180 minuti al festival di Berlino.

Come spesso si vede nei suoi documentari Herzog narra fuoricampo in inglese con il suo accento bavarese, questa volta non si mostra mai davanti alla macchina da presa ma nelle interviste le sue domande si sentono forti e chiare, e sono la cosa più interessante.
Quello che colpisce da subito è infatti come, nella breve introduzione ad ogni puntata (sempre uguale, tipo  sigla), inquadrando la camera in cui vengono fatte le esecuzioni, la voce di Herzog ripeta chi è lui e cosa voglia fare. In tre frasi illustra la pena di morte in America per numero di morti, numero di stati in cui è presente e applicata e poi chiude dicendo che da straniero, ospite in questo paese, "...I respectfully disagree".
Fin dall'inizio di ogni episodio è insomma precisato che quella è la visione di Herzog che con rispetto si batte contro la pena di morte a modo suo, intervistando condannati (alle volte reo confessi o palesemente colpevoli) con poca umanità ma molta partecipazione.

L'obiettivo è raccontare altre storie di personaggi estremi, di destini titanici causati da spunti banali, come tipico dei personaggi che lo appassionano, ma il modo in cui Werner Herzog tira fuori ai suoi intervistati le storie, gli umori e cosa gli interessi nelle pieghe di quei racconti è sorprendente. La durezza con cui si rivolge ai condannati (a cui spesso ricorda che se sono dove sono un motivo c'è), l'ironia improvvisa che sa suscitare e l'interesse che tira fuori dalle risposte orchestrando la drammaturgia tramite l'interrogatorio è qualcosa di inedito. Ci sono dei momenti in cui Death Row sfiora la tv del dolore, indaga sui sentimenti più bassi e ripropone immagini o sequenze per insistere su dettagli morbosi, eppure, il solo fatto che si tratti della prospettiva herzoghiana, rende i dettagli morbosi, dettagli filmici, e la pornografia del dolore, indagine del racconto.
E' come vedere un maestro indirizzare un allievo nella scrittura di un film.

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